Tennis. I fighters sanvitesi primeggiano a Lignano

Articolo di Riccardo Eger – 17 anni

 

La formula di gioco del Fight Club è atipica: tie-break ai 2 punti. Le partite durano al massimo qualche minuto. Il 14 luglio 2018, a Lignano Sabbiadoro, si è svolto l'atteso appuntamento annuale di questo torneo. Siamo arrivati in finale nella competizione a squadre, dove team di cinque membri si sfidano senza esclusione di colpi. Le squadre in finale erano appaiate sull'uno pari, il mio incontro sembrava quello che avrebbe fatto la differenza.

 

Non esiste gioia più effimera di una vittoria. Bisogna essere recidivi, comprendere che per assaporare al meglio un successo, si deve passare sopra a decine di sconfitte. Bisogna essere coscienti che non è facile riuscire a godersi quegli attimi. Ogni secondo scivolerà via più veloce che mai, e le sensazioni a cui è legato le porterà via con sè. Non conta ciò che hai fatto. Importa ciò che stai per fare. Lottiamo come leoni, perchè è ciò che ci rende felici. Diamo tutto in ogni singolo punto. I nervi si tendono, ma la psiche rimane rilassata. L'istinto prende il sopravvento. Prendere o lasciare. Non possiamo più tornare indietro. Noi lottiamo per questo. Per sentirci vivi. Sogniamo la gloria senza tempo, e, mentre il talento gioca al nostro posto, ecco la riga che si tinge di bianco. Il boato della folla. La racchetta in terra, le braccia al cielo. Noi viviamo per questo.

 

L'aria si era fatta pesante, l'atmosfera tesa e trepidante. Servo. Entra la prima. Lui risponde profondo, riesce ad incominciare lo scambio. Il silenzio inquietante è interrotto solo dal rumore cadenzato e sordo della racchetta che colpisce la pallina.  All'improvviso mi apro il campo con un rovescio molto incisivo ed angolato: l'equilibrio s'è rotto, l'inerzia ora è dalla mia parte. Mi catapulto a rete, goffo e indeciso. Senza patemi chiudo la voleè in lungolinea. Stringo il pugno, arriva un applauso fragoroso. Manca un punto, ma adesso spetta a lui il gravoso fardello di servire.

 

La prima si ferma sul nastro. Non ci penso due volte, vale la pena rischiare la risposta. Arriva la pallina e, quasi inaspettato, ecco il grande fragore. Dritto a tutto braccio. Chiudo gli occhi, perchè so di aver rispedito la pallina dall'altra parte per l'ultima volta. Un rapido sibilare, e poi il soave accarezzare il terreno. E' finita. Mi distendo a terra, contemplo le nuvole, che, leggiadre, si susseguono una dopo l'altra. Dopo quell’attimo di estasi totale, non ricordo più nulla, a parte le lacrime.

 

Pubblicato il 20 giugno 2019